mercoledì 10 dicembre 2008
Bianca neve in via Africa
martedì 2 dicembre 2008
I 2 premier.
venerdì 28 novembre 2008
Connessioni.
martedì 25 novembre 2008
Tu veux ou tu veux pas?
venerdì 7 novembre 2008
Libera Societá del Dissenso.
domenica 26 ottobre 2008
Guerra.
lunedì 20 ottobre 2008
Il mio sogno palermitano.
sabato 18 ottobre 2008
Nicola dal cuore d'oro.
Nicola é generoso e ci crede veramente.
Crede nei suoi studi e nella sua passione. Appena finita l'universitá (lingue orientali) é riuscito nella difficilissima impresa di farsi sganciare una borsa di studio (lottando contro il nepotismo e l'oscurantismo dell'italico mondo universitario) e quando il suo professore gli ha chiesto: Nicola dove vuoi fare il dottorato? Lui senza remore ha risposto: So dove NON voglio farlo. In Italia.
Ed é partito per l'estremo oriente.
Nicola parla il coreano e il giapponese, e li parla bene. Molto bene.
Ci crede.
Lui crede che un italiano puó essere felice vivendo in Corea del Sud. Anzi crede che in italiano vivrá piú felice in Corea del Sud piuttosto che in Italia, e pensandoci bene non posso dargli torto.
Ma torniamo all'uomo.
Nicola é una persona che ti mette di buon umore. Sorride sempre e mangia per tre. Non a caso ha messo su un pó di chili da quando vive a Seul.
Tutto questo mi permette di fare una veloce digressione sul cibo coreano, che, tanto per cominciare, é buonissimo.
In Corea si mangia a tutte le ore. La colazione solitamente é salata, non dissimile dal pranzo, dalla cena e dai vari spuntini. I dolci non incontrano i gusti dei coreani e le poche cose dolci che cucinano vengono consumate a mò di snack. Nicola mi ha confessato che i coreani, per esempio, odiano il cioccolato.
Il cibo tipico della Corea é il kimchi (una sorta di accompagnamento a tutti gli altri pasti, a base di foglie di verza lasciate macerare con aromi vari e peperoncino), normalmente lo portano prima del pasto vero e proprio insieme ad altri stuzzichini che vengono riportati quando terminano. Poi di solito si sceglie un piatto per ogni commensale e non é infrequente o maleducato provare direttamente dalle ciotole degli altri. Spessissimo vedrete al centro della tavola, una sorta di fornello, su cui viene cucinato il cibo direttamente dai commensali e Nicola in questo é un esperto.
L'unica cosa che non ha mai mangiato é il bushidan, la famosa zuppa di cane, che in Corea viene consumata in ristoranti spogli e oscuri, dai vetri appannati, quasi di nascosto, da attempati sognori che sperano che quel pasto rinvigorisca la perduta potenza sessuale.
Nicola adora i mandhu, cioé ravioloni ripieni (normalmente o di carne o di kimchi) e mi ha portato nel migliore ristorante di Seul. Un palazzo di due piani dove fabbricano i ravioli uno per uno a mano, con materiali di primissima scelta e rara maestria.
Nicola ha un cuore grande, dicevo, e non si nega mai quando si tratta di aiutare qualcuno.
É capace di rischiare tutto, anche la sua preziosissima borsa di studio e quindi il visto pur di aiutare un amico, e l'ha fatto.
Ah, dimenticavo, Nicola ha una minchia di dimensioni mostruose. Avreste dovuto esserci nelle saune coreane con noi, quando gli avventori indigeni si ritiravano imbarazzati al suo regale passaggio!
lunedì 6 ottobre 2008
Boogie Woogie - Luca's story.
Luca non lo sa ma gli devo molto.
La sua natura schietta e vernacolare mi ha fatto assaporare attimi di autentico cameratismo come non ne passavo dai tempi dei boy scouts (ebbene sí, ono stato un lupetto anch'io). Luca é molto piú italiano che coreano, a parte le fattezze orientali. I suoi genitori sono coreanissimi ma lui é nato e vissuto a Roma, dove la sua famiglia gestisce un ristorante ed un piccolo albergo. Alla maggiore etá ha deciso di fare il servizio militare a Seul (due anni di durissimi allenamenti e prove fisiche, non dimentichiamo che la Corea del Sud é ancora in guerra con la Corea del Nord) e lí é rimasto anche dopo, alla ricerca di se stesso, delle sue origini.
Con Luca mi sono divertito, ho potuto vedere da vicino la vita notturna di Seul e conoscere alcune usanze che altrimenti mi sarebbero state neglette in quanto occidentale.
Luca é ossessionato dalle donne. Nel giro di un mese ha spezzato il cuore della sua procace fidanzata e "conosciuto" altre due o tre pischelle facendo boogie woogie nei club trace o hip hop di Seul.
Ecco, quella del boogie woogie é stata una scoperta, che senza Luca non avrei mai fatto.
Dovete sapere che i coreani sono un popolo strano, molto conformista, assolutamente rispettoso delle regole e delle gerarchie, educato e parecchio riservato. Vi stupirete di quanto é pulita Seul, ma vi stupirete ancora di piú quando vi renderete conto che lí non c'è nemmeno un cestino dei rifiuti per le strade. Dove gettano al spazzatura i coreani? Questo forse é il grande mistero del mio viaggio in Corea.
Dicevo del carattere coreano. Beh, in effetti non é affatto facile pensare come possano arrivare a conoscersi e amarsi da quelle parti. Le occasioni d'incontro tra uomo e donna non sono molte e l'innata timidezza di quella gente li porta a lunghissimi innamoramenti e corteggiamenti impossibili, che spesso si risolvono in anni e anni di astinenze e rinuncie.
Ma ecco il boogie woogie.
Per fare boogie woogie gli ingredienti principali sono: una discoteca, un uomo e una donna. Dentro l'ingrediente 1 la musica imperversa a tutto volume mentre l'ingrediente 2 balla con la sua birra in mano. Ma ecco che entra in scena l'ingrediente 3, che si muove sinuosamente in pista. Premetto che la donna in Corea non va mai sola, la troverete sempre accompagnata da un'amica. Torniamo all'ingrediente 2. Si avvicina al 3 e inizia la sua danza di seduzione che consiste in questo: il ragazzo di turno si piazza dietro la ragazza e inizia a ballare strusciando il suo corpo su quello di lei. I due praticamente non si scambiano neanche uno sguardo (del resto la posizione lo impedisce). L'amica dell'ingrediente 3 la avverte se il corteggiatore é un bel tipo o un freak di merda e la cosa va avanti finché si finisce a un hotel a ore. In caso l'amica disapprovi, l'ingrediente 3 semplicemente va via e lascia il 2 solo in mezzo alla pista.
Ma in questo Luca non fallisce un colpo. Il boogie woogie lui l'affronta con spirito assolutamente italiano e sempre, sempre riesce a catturare una preda.
Il problema é quando, il giorno dopo, da sobrio si rende conto che la preda in realtá era lui e che l'ingrediente 3 era di qualitá decisamente scadente.
Ecco che a quel punto Luca scappa nella notte. Come un vampiro, alle prime luci dell'alba ricerca il suo sepolcro. Ma il giorno dopo, senza colpo ferire, eccolo di nuovo con la birra in mano nel mezzo di una pista da ballo, strofinandosi con le sconosciute.
Grande Luca. Sei un eroe e non lo sai. Sei veramente un eroe!
domenica 5 ottobre 2008
Framore o della dualitá.
Analizzando un attimo in maniera assolutamente non scientifica l'etimologia del suo nickname vorrei sottolineare la seguente lettura:
FRAMORE = Fra(te)+Amore un composto endocentrico con riaggiustamento fonetico della vocale a.
In effetti la natura di Framore é duplice, ma di una duplicitá non contraddittoria.
Da una parte c'è la spinta mistica al raccoglimento interiore, alla ricerca di se stesso, al congiungimento col divino rappresentata dalla parola frate.
Al contempo la parola amore si fonde con la prima dando una connotazione non piú mistica e ascetica, invece passionale, terrena e in ultima istanza sensuale.
Possono convivere queste due facce della stessa medaglia? E se la risposta é affermativa, come potranno mai coesistere due spinte interiori cosí diverse e contraddittorie?
Per capirlo bisogna staccarsi dalla visione manicheistica occidentale che ci fa vedere il mondo diviso in categorie nette e contrapposte (bene-male, buono-cattivo, bianco-nero) ed abbracciare un punto di vista taoista, dove la complementaritá degli opposti é la pietra angolare dell'armonia cosmica che regola l'universo.
Ciccio é una persona tranquilla, va al tempio zen e crede nell'esistenza di Cristo, non mangia carne e medita nella stanzetta minuscola che ha preso in affitto in un pensionato universitario a Sinchon. Ciccio é una persona che ha raggiunto la pace interiore, quando peró non c'è lo sticchio nel mezzo. La seconda parte del suo nickname lo dice. Fr-Amore. L'amore gli sconvolge i piani, gli confonde le prospettive, lo sbatte di qua e di lá in un osceno ping pong lubrico in cui é solo la pallina dentro un gioco molto piú grande di lui.
E Ciccio soffre questa dualitá violenta, non si riconosce allo specchio, cerca conferma di sé fuori da sé, in corpi veloci e sguardi profondi, fatti di desiderio e istinto.
Ciccio soffre perché ancora non sa accettare la sua armonia, perché Ciccio é in armonia, Framore e Ciccio non sono due persone diverse ma la stessa identica persona. Ciccio é innocente ma non dell'innocenza in fondo colpevole del dottor Jeckill (che ha creato il mostro sfidando con la scienza le leggi divine), Ciccio é innocente e basta. Ciccio é sincero, ma la sua sinceritá é zen, non sceglie. Cambia seguendo delle leggi imperscutabili che FRA-more dovrebbe credere per fede, non opporvisi.
Non ho capito tutto questo da un semplice bibimbap. Ho frequentato Francesco assiduamente e con lui sono stato per la prima volta al ginchilban, una sorta di palazzo al cui interno ci sono saune, piscine di con bagni di acque a differenti temperature, posti dove rilassarsi e ricevere massaggi e finanche stanzoni in cui dormire placidamente cullati da profumi e aromi.
In Corea si dice che se vai al ginchilban con qualcuno quella persona diventerá un tuo amico speciale. Non so se Francesco l'abbia fatto apposta, ma adesso dovrá accollarsi le conseguenze...
sabato 4 ottobre 2008
Sentirsi un po' Moreno.
Potrei dire: "Oggi mi sento un po' Moreno" , oppure "Se fossi un po' piú Moreno potrei anche innamorarmi di te". Non dovete peró farvi fuorviare dal fatto che la parola "moreno" in spagnolo é un aggttivo che significa "scuro", perché Moreno non é affatto un sentimento tenebroso o buio. Moreno é lo scatto di vitalismo appassionato, l'impeto che scardina le certezze, l'elettrone impazzito che diventa radioattivo. Sentirsi Moreno vuol dire esserci.
Ma non é solo questo.
Sentirsi Moreno vuol dire anche mettersi in gioco, e a volte non vale la pena mettersi in gioco se la posta non é abbastanza alta. Ma quando ti senti Moreno questo non lo penserai mai. Rischierai. Rischierai di scommettere tutto e ritrovarti con un pugno di pesos se vinci. O perdere tutto se sei sconfitto.
Moreno non vive senza regole. Moreno le regole le puó anche seguire e rispettare, ma é sicuro che non le rispetterá per sempre. Verrá il momento in cui succederá qualcosa, non si puó prevedere se sará una cosa importante o futile, e Moreno spezzerá tutte le catene e convenzioni sociali e manderá tutto all'aria, senza la paura del giudizio della gente e correndo il rischio di dovere ricominciare tutto da capo in un altro luogo.
Moreno é passione, fisicitá, sesso, istinto e molto pelo. Riuscirá mai a fermarsi? Riuscirá mai a terminare qualcosa? Riuscirá a dire di no? Risucirá a risparmiare? Riuscirá a rinunciare a vivere?
martedì 30 settembre 2008
Il mio viaggio in Asia.
Un affettuoso abbraccio agli amici all'estero e soprattutto a Moreno, Francesco, Luca, Nicola, Kion-wo, Youn-Mi, Erica, Anacorita, Sebastiano, Andrea e Gino. Ci vedremo tutti a Manila.
lunedì 18 agosto 2008
Libertá o morte.
Costretto a sparare ancora.
Guardo da fuori le ombre che si allungano mentre monte Pellegrino si illumina di una luce rosata e non penso a niente. Ho la mente vuota. Mi sento freddo come un ghiacciolo alla menta. Accendo una N80. Mi perdo nella contemplazione del nulla, come se mi fossi scollegato dalla vita qualche minuto, tanto che la sigaretta é giá alla fine e quasi mi brucia le dita. Sento che ci siamo. Vuole risalire. Il ricordo. Il ricordo di Tina si sta facendo strada nella mia testa. Mi sento i brividi e cerco di controllarmi. Mi sforzo a tenerlo lontano, ma so che prima o poi ce la fará a risalire perché non sono abbastanza forte, anche se ho la pistola.
Maledette elezioni. Me l'aspettavo che sarebbe successo qualcosa, ma non credevo che saremmo arrivati a questo punto. E ormai tutto é fuori controllo.
Se non fosse per Giada giá l'avrei fatta finita. Ma lei sta malissimo. Dalla morte di Tina ha iniziato a lasciarsi andare e senza di me nessuno si prenderebbe cura di lei.
Un mugolio soffocato mi risbatte in faccia la realtá. Lui é in un lago oscuro di sangue, ha gli occhi chiusi e la bocca spalancata ma non é ancora morto. Sta cercando di dirmi qualcosa. Deve essere importante perché si sta sforzando da un po'. L’unica cosa che riescoa catire é “minchia”. Sono costretto a sparare ancora.
Il racconto dello scialacquatore.
giovedì 14 agosto 2008
Il vero folk.
Il vero folk non é Rosa Balistreri, Shirley Collins, Amalia Rodriguez, né tantomeno La Nuova Compagnia di Canto Popolare, gli Inti-illimani o la Albion band. É tutto cosí puro... Fatto di gente che non caca. Fatto di esseri sublimi e angelici.
martedì 5 agosto 2008
Il racconto dello svizzero.
Il racconto del parassita.
giovedì 31 luglio 2008
La strada verso casa.
Elegia madonita.
Mia moglie ormai non parla quasi piú.Mi voleva addirittura impedire di seppellire Tina. TIENIAMOLA UN PO' QUI CON NOI. Ricordo il suo sguardo implorante e pieno di speranza quando mi chiedeva questa cosa assurda.
Per non sprofondare nel vortice del dolore cerco di fare il punto della situazione.
Il sole é ancora forte, malgrado siano giá le 8 di sera. Ho le mani indolenzite e stanotte la schiena non mi fará dormire. Me l'hanno ammazzata.
Secondo le informazioni che ho raccolto grazie alle amicizie ultrá del portiere del mio stabile, Tina é stata prelevata direttamente a scuola, in una retata il giorno successivo alle elezioni, poche ore dopo lo scoppio dell'insurrezione. Non fu l'unica, se ne portarono qualche decina, scegliendole accuratamente. Secondo gli Ultrá i rapitori erano gli sbirri, ho qualche dubbio in proposito, peró é un dato di fatto che frange estremiste delle forze dell'ordine, almeno all'inizio dei disordini, si sono compattate per destabilizzare la cittá e instaurare un governo armato. Erano quelli immediatamente meglio organizzati, coi loro capi abituati al comando e le armi pronte per sparare.
Ora fa piú fresco, malgrado la canottiera sia un tutt'uno con la schiena. Adagio il corpo di Tina nel fosso ed esco fuori. Il sole é una palla del colore del sangue mestruale.
venerdì 25 luglio 2008
Tavola per tre.
Di sasso.
giovedì 24 luglio 2008
domenica 13 luglio 2008
Legge di mercato.
Giá c'é passío in piazza, anche troppo direi. Ormai vengono da fuori, non é solo gente del quartiere. Riesco a trovare qualche metro quadrato libero accanto ad un ragazzo che sta dormendo sopra una montagna di scatole di simmenthal. Le venderá tutte, ne sono sicuro. Apro le valige e getto sul marciapiede la mercanzia. Sono per lo piú i vestiti dei miei figli, un paio di giocattoli superstiti e quello che resta dell'argenteria. Poca cosa. Albeggia. Qualcuno mi offre del caffé, ma senza zucchero. Piazzetta Ballaró si riempie. Qualcuno dá uno sguardo alle mie cose ma nessuno compra. Ormai é quasi ora di pranzo e ancora non ho venduto niente. Ho la gola secca e la pancia mi brontola. Il ragazzo che ho accanto vende una scatoletta di simmenthal a 4 euro ma io ne ho solo 2. Riesco a convincerlo a vendermene la metá. Nessuno compra, nessuno compra. Sono le 3 di pomeriggio, il sole e il caldo mi hanno bruciato le braccia e il torso. C’è chi resiste ma ormai quasi tutti hanno smontato. Mentre rimetto le mie cose in valigia riesco a rubare un paio di scatolette al mio vicino. Il pasto dei miei figli. Se tutto continua cosí, domenica prossima nella piazza di Ballaró metteró in vendita uno di loro.
Il battesimo del fuoco.
Non so nemmeno io perché o contro chi combattevo, ma ero pronto a sacrificarmi, e come me molti altri giovani ultrá palermitani, gente abituata ai soprusi delle tifoserie avversarie, alle imboscate nei treni durante le trasferte, alle provocazioni delle forze dell'ordine. Ci chiamarono uno per uno a telefono la mattina dopo le elezioni. SIAMO ORGANIZZATI. Ci dissero. ABBIAMO ARMI. Arrivai alla sede con un ragazzo che avevo giá visto accoltellare un tifoso rosso-blu. Nino era il suo nome e aveva alle spalle una lunga storia di diffide e riformatorio. La sua bellezza accecante mi faceva rincoglionire, parlava solo dialetto ma io cercavo di imitarlo, goffamente. AMUNÍ. Anche quel giorno era accanto a me. Indossava una tuta adidas e un casco integrale. I suoi muscoli guizzavano sotto il tessuto sintetico e i pantaloni gli scolpivano un sedere fidiano. C'era caldo al porto e subito iniziarono a sparare lacrimogeni. DISPERDETEVI E NON VI SUCCEDERÁ NULLA DI MALE. Gridavano coi megafoni. Poi iniziammo a sparare. Eravamo mille, forse piú. Nino correva veloce. Saltó su una jeep dell'esercito. Io lo seguii. Lo vidi mentre lottava contro sei militari, solo e schiumante di rabbia. Mi gettai nella mischia pensando che forse, se fossi morto, Nino avrebbe pianto pensando a me. Mi stavano schiacciando la bocca col calcio d'un fucile e io ero eccitato, felice, quando vidi la testa di Nino esplodere baluginando al riflesso del sole. Un militare a bruciapelo gli aveva sparato in faccia un lacrimogeno. Tutto si fermó all'improvviso. Anche il mio cuore anche il mio cuore.
Carne in scatola.
Adesso é il mio turno. Stanno accendendo il fuoco sotto di me. Continuano a chiamarmi negro. Sporco negro. Ma io non sono negro. Vaglielo a spiegare che sono filippino
martedì 8 luglio 2008
Quello che succede.
I racconti che scrivo, questi 1800 caratteri necessari e dimessi, mettono a fuoco la situazione di completa follia che impera attorno a noi. Non si tratta di surrealimo o qualche altro gioco intellettuale. Lo stiamo pagando noi. Lo stiamo pagando con la nostra vita. Una vita che ormai si compra con poco. Una vita che non vale un cazzo.
Per quanto possa sembrare strano non ho paura dell'insurrezione. Penso che sia l'unica soluzione possibile. Ho paura dell'accettazione, ho paura che la gente continui ad accettare di essere governata da grottesche caricature di delinquenti che nemmeno i film di serie z sono stati capaci di rappresentare peggio.
Ma certo, sono anche convinto, che come tutte le cose, anche l'insurrezione sarebbe vissuta dando il peggio di sé.
Quindi non scrivo storie fantascientifiche, non invento niente. Parlo semmai d'una dimensione altra, plausibile, in cui la gente, stanca di tutto, ha preso in mano la situazione. Una dimensione vicinissima, vivida; indosso i miei occhiali speciali e la vedo.
giovedì 26 giugno 2008
Memorie dal montacarichi.
mercoledì 25 giugno 2008
martedì 24 giugno 2008
Tina
domenica 22 giugno 2008
Napalm.
venerdì 20 giugno 2008
Autore di merda!
mercoledì 18 giugno 2008
Pubblico di merda!
Io mi passo le giornate a scrivere nuovi post, abbellire il blog, bere cocacola light e fumare sigari e voi non commentate niente. Non é bello. Proprio per niente.
Vi odio.
martedì 17 giugno 2008
La nuova vita.
martedì 3 giugno 2008
Insurrezione: altri 7 giorni piú o meno.
Insurrezione: giorno 8.
Insurrezione: giorno 7.
Insurrezione: giorno 6.
sabato 10 maggio 2008
INSURREZIONE: giorno 5.
Insurrezione: giorno 4.
Insurrezione: giorno 3.
mercoledì 30 aprile 2008
martedì 29 aprile 2008
Venditti posseduto.
ROMA (26 aprile) - Vivo per miracolo, cantante per opera di san Francesco Saverio e vittima di Satana: in un'intervista a «Petrus», il quotidiano on line sull'apostolato di Benedetto XVI, Antonello Venditti svela i dettagli della sua fede e racconta le tappe più significative della sua esperienza religiosa. «Ero nato di otto mesi, piuttosto fragile e sottopeso, tanto che i medici mi avevano pronosticato la morte quasi imminente - racconta il cantante romano - Mia madre Wanda, religiosissima e grande devota di San Francesco Saverio, pregò e chiese la sua intercessione per la mia sopravvivenza. Fu così che una notte, in sogno, San Francesco Saverio le disse: non ti preoccupare, si salverà, diventerà grande e sarà un cantante famoso. E così è stato».Quanto a Satana, Venditti dice di esserne stato vittima a 16 anni: «Ero ossessionato da una figura malefica che appariva all'improvviso e mi immobilizzava quasi del tutto. Ricordo che potevo muovere solo il braccio destro». Il cantante racconta che solo dopo essersi fatto più volte il segno della Croce riuscì a eliminare definitivamente quell'immagine dalla sua vita. Cattolico e comunista, Venditti parla anche di San Pio. «Padre Pio - dice - è sintesi della santità perché credeva e obbediva senza mai chiedere nulla in cambio». L'artista critica chi si reca a rendergli omaggio pretendendo segni soprannaturali. «Questo sottobosco di cercatori di miracoli talvolta ha determinato in me una crisi di coscienza - aggiunge - perché ho visto la Fede ridotta a superstizione».Grande è, infine, l'ammirazione che Venditti esprime nei confronti di Benedetto XVI: «E' un signor Papa e un signor teologo. Io credo e confido in lui». Tra le sue canzoni, al Santo Padre il cantante dedicherebbe Stella «perché - dice - è talmente bella che si suona anche in Chiesa.
Da il Messaggero online: (http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=23188&sez=HOME_SPETTACOLO)
martedì 22 aprile 2008
L'insurrezione
L'unica possibilitá, quando la gente si renderá conto di essere sul lastrico, di non potere piú andare avanti, di non avere nulla e di avere perso anche la libertá -rubata dall'ipnosi collettiva delle televisioni e dei giornali- é la rivolta popolare, l'insurrezione.
Io la sto raccontando, coi suoi drammi, le violenze e le contraddizioni che si trascina dietro.
Tanti nuovi raccontini insurrezionalisti sul sito di repubblica. Leggili in ordine e votali:
http://palermo.repubblica.it/dettaglio/Favole-palermitane/1376813
mercoledì 16 aprile 2008
Insurrezione: giorno 2.
lunedì 14 aprile 2008
Insurrezione: giorno 1
giovedì 10 aprile 2008
Omaggio a Maurice Bertelsen.
Quando scopre l'increscioso adulterio il giovane Bertelsen si rende conto di avere fondato la sua vita su un equivoco, cosí inizia una revisione delle sue idee. Si distacca dalla metaficica hegeliana e si avvicina alla prassi rivoluzionaria. Alcune aspre prese di posizione anti-monarchiche gli causano dissapori con le autoritá del suo paese, dissapori che culminano con l'auto-esilio nell'isola di Malaga.
Nel sud della Spagna di lui si perdono le tracce per alcuni anni. Si racconta che in quel periodo il nostro si sia allontanato dalla filosofia per studiare ballo flamenco. Bertelsen racconta in un'intervista, che si era innamorato di una bella gitana dagli occhi come gocce di mare e che lei gli aveva insegnato qualche passo di danza.
Costretto a fuggire dalla Spagna con l'avvento di Franco, Bertelsen si trasferisce in Francia, a Parigi, presumibilmente dai nonni paterni, almeno all'inizio del suo soggiorno. Si avvicina agli ambienti delle fumerie d'oppio e in preda ai fumi delle droghe inizia a maturare la sua visione antitemporale.
Passai la guerra in un lungo, caldo torpore. Non ricordo niente, solo cuscini di raso ricamati.
Prova a rientrare in Spagna ma viene bloccato alla frontiera, vive coi pastori nei Pirenei perché non ha i soldi per tornare a Parigi. In questa fase che lui stesso definisce virgiliana matura l'idea di modalitá. Riallacciandosi all'etimologia della parola, la modalitá bertelseniana é un "limite" un "viaggio guidato" che divide l'essere da ció che vive e tutto il resto. Riallacciandosi al concetto di tempo, l'unica concezione possibile di modalitá puó avvenire fuori da esso, tutto il resto é fatica sprecata. Negando il tempo Bertelsen viene considerato un eretico e accolto con risate di scherno nei circoli accademici e nelle universitá. Il governo svedese fa scomparire le 1000 copie della sua prima opera: Studio sui metodi. Stampate clandestinamente a Stoccolma. Non era piú concepibile la vita, avevo la sensazione chiarissima di tutti chilometri da percorrere per ricominciare.
Il suo sfortunato ritorno in Svezia coincide con due lutti terribili, la morte della madre e della bella gitana (con cui comunque non aveva piú rapporti da tempo, ma che aveva idealizzato). Si perdono le sue tracce un'altra volta. Probabilmente il filosofo visse in uno stato di dura depressione. Lo ritroviamo a Parigi, dove scrive alcuni saggi brevi importantissimi, il cui argomento principale é il concetto di limite dinamico. Finalmente si delinea la triade modalitá-modi-limite dinamico che é un pó la struttura di tutto il suo pensiero. Sfortunatamente gli scritti di cui sopra verranno smarriti dal malvagio editore, a cui Bertelsen incautamente invia l'unica copia esistente. Le testimonianze che ci restano sono tratte da alcune carte che presumibilmente il nostro scrisse a mó di sunto per una serie di lezioni.
Bertelsen nell'ultima fase della sua vita si avvicina molto all'arte. Dal suo punto di vista ogni produzione artistica é l'affermazione della modalitá perché uccide il tempo. Diventa un assiduo frequentatore dei teatri e soprattutto dei cinema, di cui evidentemente ammira le capacitá di sintesi e di allucinazione ipnagogica. Presumibilmente in questo periodo il nostri si astrae cosí tanto dalla realtá che inizia a concepire la modalitá con tratti quasi religiosi, arrivando, sembrerebbe, a personificarla nella bella gitana.
Scompare a Palermo durante la stesura del suo capolavoro, l'incompiuto: Della modalitá morale. Una summa del suo pensiero in cui da un discorso ontologico si arriva a poco a poco ad un discorso morale e di prassi.
Il mistero che avvolge la sua scomparsa é pressocché inestricabile, gli ultimi testimoni dicevano di averlo visto la notte di capodanno del 1983 che camminava per la cittá distruggendo col suo bastone, tutti gli orologi che incontrava.
Al di lá dei facili manicheismi e delle prese di posizione deterministiche e stantie, Maurice Bertelsen resta uno dei filosofi piú misteriosi ed appassionanti di tutto il '900. Di lui e della sua opera restano solo frammenti e spezzoni, probabilmente quello che conosciamo del suo pensiero é solo la punta di un iceberg ma basta quel poco rimasto a farci intravedere la luciditá del genio, l'intransigenza dell'uomo, la coerenza del pensatore, l'inquietante parallelismo tra l'opera e la biografia.
mercoledì 9 aprile 2008
Un altro racconto su Repubblica.it
Oggi é stato pubblicato il mio ultimo racconto su Repubblica.it. Ancora una volta il protagonista é Ninni, immerso in una Palermo post-elettorale in cui le bande armate si spartiscono il territorio a suon di violenze.
http://palermo.repubblica.it/dettaglio-inviato?idarticolo=reppalermo_1376813&idmessaggio=325269
martedì 8 aprile 2008
lunedì 7 aprile 2008
"Insurrezione", il nuovo racconto su Repubblica.
Leggetelo e votatelo:
http://palermo.repubblica.it/dettaglio-inviato?idarticolo=reppalermo_1376813&idmessaggio=315744
sabato 5 aprile 2008
Lost Someone, il video definitivo.
La veritá é dura, fa male, ma é giusto conoscerla, é un dovere morale, anzi modale. É cosí per la giovane protagonista di questo video, il cui candido, immacolato corpo é sacrificato alle muse del nero cantante soul. Perché l'impeto fulminante, la malinconia lieve, il tocco raffinato ed etereo delle coreografie si sposano indissolubilmente alla musica come in un abbraccio, un ultimo abbraccio verso qualcuno che si é perduto, per sempre.
venerdì 4 aprile 2008
Palermo is falling.
lunedì 24 marzo 2008
martedì 18 marzo 2008
Poesia?
giovedì 13 marzo 2008
Tassidermia unica via.
Sabino é un bambino che ha perso i genitori in un incidente domestico. Mamy e Papy stavano ficcando sulla cucina a gasse e non si resero conto che lo scroto di Papy aveva inavvertitamente aperto il gasse. Mamy si accende una sigaretta post-orgasmica e BUM! Nella sua culla Sabino piange e le fiamme si avvicinano. Per questo motivo Sabino ha il visino ustionato.
Sabino a causa di questo irreparabile essere freak diviene taciturno e solitario ed inizia a coltivare un hobby bellissimo: l’imbalsamazione di animali.
Sabino cresce. Accanto al suo appartamento si stabilisce Inma, e lui si innamora perdutamente di quei biondi capelli. Inma ha una gatta che si chiama Calipso. Una mattina la gatta sparisce. Inma é molto triste. Sabino la incontra per le scale e l’accompagna a casa, lei intenerita dal buon cuore del nostro eroe gli si concede.
Sabino il giorno dopo, per farle una sorpresa le porta un regalo. Inma lo apre e dentro, ovviamente c`é Calipso perfettamente impagliato. La tipa urla, Sabino ha paura, non capisce.
Sabino ormai vecchio a tavola. Di spalle davanti a lui Inma. Ancora giovane. Un occhio le cade nella zuppa. Dall’orbita le esce un poco di paglia. Sabino glielo ripone a posto e l’immagine si fa scura quando inserisce la protesi nel buco.
lunedì 10 marzo 2008
Carnevale da buttare.
giovedì 6 marzo 2008
Nuova favola.
http://palermo.repubblica.it/dettaglio-inviato?idarticolo=reppalermo_1376813&idmessaggio=244253
La protagonista é la porno teen gonzaghina piena di soldi e vizi. Un personaggio che resterá senza nome perché non ne ha bisogno. Niente a che vedere coi proletari Lino, Ninni et cetera.