mercoledì 30 aprile 2008

DUX MEA LUX

martedì 29 aprile 2008

Venditti posseduto.

Venditti, posseduto dal demonio e miracolato: cantante di fama grazie a San Francesco Saverio

ROMA (26 aprile) - Vivo per miracolo, cantante per opera di san Francesco Saverio e vittima di Satana: in un'intervista a «Petrus», il quotidiano on line sull'apostolato di Benedetto XVI, Antonello Venditti svela i dettagli della sua fede e racconta le tappe più significative della sua esperienza religiosa. «Ero nato di otto mesi, piuttosto fragile e sottopeso, tanto che i medici mi avevano pronosticato la morte quasi imminente - racconta il cantante romano - Mia madre Wanda, religiosissima e grande devota di San Francesco Saverio, pregò e chiese la sua intercessione per la mia sopravvivenza. Fu così che una notte, in sogno, San Francesco Saverio le disse: non ti preoccupare, si salverà, diventerà grande e sarà un cantante famoso. E così è stato».Quanto a Satana, Venditti dice di esserne stato vittima a 16 anni: «Ero ossessionato da una figura malefica che appariva all'improvviso e mi immobilizzava quasi del tutto. Ricordo che potevo muovere solo il braccio destro». Il cantante racconta che solo dopo essersi fatto più volte il segno della Croce riuscì a eliminare definitivamente quell'immagine dalla sua vita. Cattolico e comunista, Venditti parla anche di San Pio. «Padre Pio - dice - è sintesi della santità perché credeva e obbediva senza mai chiedere nulla in cambio». L'artista critica chi si reca a rendergli omaggio pretendendo segni soprannaturali. «Questo sottobosco di cercatori di miracoli talvolta ha determinato in me una crisi di coscienza - aggiunge - perché ho visto la Fede ridotta a superstizione».Grande è, infine, l'ammirazione che Venditti esprime nei confronti di Benedetto XVI: «E' un signor Papa e un signor teologo. Io credo e confido in lui». Tra le sue canzoni, al Santo Padre il cantante dedicherebbe Stella «perché - dice - è talmente bella che si suona anche in Chiesa.

Da il Messaggero online: (http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=23188&sez=HOME_SPETTACOLO)

martedì 22 aprile 2008

L'insurrezione


Non faccio alcuna fatica ad ammettere che l'idea dell'insurrezione é direttamente collegata alla situazione politica attuale. L'Italia nelle mani dei mostri mediatici di sempre mi fa paura e terrore, ma la cosa peggiore é che non esiste alcuna alternativa. Qualcuno davvero ha creduto, anche solo per un attimo che ce ne fosse una???
L'unica possibilitá, quando la gente si renderá conto di essere sul lastrico, di non potere piú andare avanti, di non avere nulla e di avere perso anche la libertá -rubata dall'ipnosi collettiva delle televisioni e dei giornali- é la rivolta popolare, l'insurrezione.
Io la sto raccontando, coi suoi drammi, le violenze e le contraddizioni che si trascina dietro.

Tanti nuovi raccontini insurrezionalisti sul sito di repubblica. Leggili in ordine e votali:

http://palermo.repubblica.it/dettaglio/Favole-palermitane/1376813

mercoledì 16 aprile 2008

Insurrezione: giorno 2.

Ci sparammo tutta la robba che c’era in casa in un solo pomeriggio, e siccome Ino continuava a gridare e lamentarsi scosso dalle coliche pungemmo anche lui. Ero felice e anche Lena era felice, Ino non so se fosse felice, ma almeno non si contorceva. Tutto il dolore dei giorni che eravamo stati separati e delle ferite e delle umiliazioni scomparí come l'ago nella pelle. Mi raccontó che avevo lasciato la porta aperta, quando ero scappato in cerca d'aiuto. I vicini l'avevano vista, per terra, in mezzo al vomito, in overdose e impauriti avevano chiamato il 113. Mi raccontó di come l'avevano trattata, solo perché era nata a Timisoara. Ammanettata alla barella, a smaltire la scimmia nel corridoio del pronto soccorso, e poi giú al commissariato, dove l'avevano percossa, minacciata, torturata e infine lasciata in una cella sola per due giorni, senza mangiare, né bere. Nel frattempo era scoppiata l'insurrezione e il commissariato era stato evacuato di fretta. Per fortuna fu trovata da un paio di ragazzini graffitari che avevano approfittato della confusione per tingere coi loro murales le pareti bianche della questura. La abbracciai forte. La baciai sulla bocca e la sua lingua era dolce come la martorana. TE IUBESC. Facemmo l'amore svogliatamente, a causa dell'eroina non arrivammo all'orgasmo ma non era importante perché finalmente eravamo di nuovo insieme. Poi ci rendemmo conto che avevamo scopato mentre Ino si trovava nella nostra stessa stanza. Per fortuna era sconvolto, non doveva essersi reso conto dell'accaduto, o non di tutto. Fece buio e accendemmo le candele. La casa pareva fatata e il volto di Lena sembrava disegnato da un pittore del 500. Andammo a letto presto, e cosí passó anche il secondo giorno d'insurrezione.

lunedì 14 aprile 2008

Insurrezione: giorno 1

C'era tanta confusione ed ebbrezza nell'aria e odore di copertoni incendiati. Mi sentivo ancora la testa rintronare per lo scoppio delle bombe a Piazza della Vergogna ma ero anche felice, mi sentivo libero, mi sentivo vivo. Ino mi seguiva con un cappotto troppo grande trovato a Villa Sfagno, per terra, ma oltre quello indossava solo la camicia da notte dell'ospedale. Ogni tanto cadeva per terra scosso dalle coliche, mi faceva pena. Un bambino cosí piccolo condannato a soffrire in questo modo, per questo non lo volli lasciare solo nella clinica ormai vuota e lo portai con me. Gli insorti si erano giá divisi in due o tre gruppi di cui ignoravo le prerogative. Tutto era successo alla fine delle elezioni, quando fu chiaro che ormai la cittá era ingovernabile. Ma in realtá l'unica cosa che mi interessava era tornare a casa. In Corso Vittorio le barricate erano insormontabili, bloccavano la strada da una parte all'altra, cosí dovetti camminare lungo i vicoli, budelli ormai senza nome dove si consumavano i crimini piú atroci, dove viveva gente dedita alle piú turpi depravazioni, dove la morte era un sollievo. 3 uomini col passamontagna mi passarono accanto brandendo asce e martelli. Al grido LIBIRTA O MURTI! Si scagliarono contro un gruppo di vigili del fuoco che cercava di spegnere una Y10 in fiamme. Cominciarono a volare pezzi di carne, denti, gli schizzi di sangue macchiarono la testina pelata di Ino. Corremmo fino al papireto, finalmente arrivai in via Colonna Rotta. Proprio davanti casa imputridiva un cadavere senza testa. ENTRIAMO DALLA FINESTRA HO PERSO LE CHIAVI. La casa era buia, dovevano aver tagliato la luce. SE TE MUEVI SPARO. Dall'ombra qualcuno mi puntava una pistola alla nuca, ma riconobbi subito il suo profumo. LENA! Gridai eccitato.

giovedì 10 aprile 2008

Omaggio a Maurice Bertelsen.


Io vivo, ma vivo perché l'essere é in modo. Non oltre o altrimenti.


Basta solo questa frase, semplice, tagliente come una lama di damasco, a spiegare tutta la filosofia di Maurice Bertelsen, il mio maestro, il mio punto di riferimento letterario e non solo.


Poche e contrastanti le informazioni biografiche, spesso depistate dallo stesso, che sosteneva l'inesistenza del tempo e quindi si divertiva a mescolare i riferimenti alla sua vita come fossero pezzi di un mosaico asincrono.


Nato in Svezia, fin da ficcolo si appassiona ai classici della filosofia per spirito di "emulazione". Si narra, infatti, che suo padre, di origini francesi, passasse giornate intere chiuso in biblioteca dove studiava la Scienza della Logica. Scoprirá soltanto alla morte del genitore che quella della "Scienza della logica" era solo una scusa per portare avanti una tumultuosa tresca con la moglie del vicino di casa.

Quando scopre l'increscioso adulterio il giovane Bertelsen si rende conto di avere fondato la sua vita su un equivoco, cosí inizia una revisione delle sue idee. Si distacca dalla metaficica hegeliana e si avvicina alla prassi rivoluzionaria. Alcune aspre prese di posizione anti-monarchiche gli causano dissapori con le autoritá del suo paese, dissapori che culminano con l'auto-esilio nell'isola di Malaga.

Nel sud della Spagna di lui si perdono le tracce per alcuni anni. Si racconta che in quel periodo il nostro si sia allontanato dalla filosofia per studiare ballo flamenco. Bertelsen racconta in un'intervista, che si era innamorato di una bella gitana dagli occhi come gocce di mare e che lei gli aveva insegnato qualche passo di danza.

Costretto a fuggire dalla Spagna con l'avvento di Franco, Bertelsen si trasferisce in Francia, a Parigi, presumibilmente dai nonni paterni, almeno all'inizio del suo soggiorno. Si avvicina agli ambienti delle fumerie d'oppio e in preda ai fumi delle droghe inizia a maturare la sua visione antitemporale.

Passai la guerra in un lungo, caldo torpore. Non ricordo niente, solo cuscini di raso ricamati.

Prova a rientrare in Spagna ma viene bloccato alla frontiera, vive coi pastori nei Pirenei perché non ha i soldi per tornare a Parigi. In questa fase che lui stesso definisce virgiliana matura l'idea di modalitá. Riallacciandosi all'etimologia della parola, la modalitá bertelseniana é un "limite" un "viaggio guidato" che divide l'essere da ció che vive e tutto il resto. Riallacciandosi al concetto di tempo, l'unica concezione possibile di modalitá puó avvenire fuori da esso, tutto il resto é fatica sprecata. Negando il tempo Bertelsen viene considerato un eretico e accolto con risate di scherno nei circoli accademici e nelle universitá. Il governo svedese fa scomparire le 1000 copie della sua prima opera: Studio sui metodi. Stampate clandestinamente a Stoccolma. Non era piú concepibile la vita, avevo la sensazione chiarissima di tutti chilometri da percorrere per ricominciare.

Il suo sfortunato ritorno in Svezia coincide con due lutti terribili, la morte della madre e della bella gitana (con cui comunque non aveva piú rapporti da tempo, ma che aveva idealizzato). Si perdono le sue tracce un'altra volta. Probabilmente il filosofo visse in uno stato di dura depressione. Lo ritroviamo a Parigi, dove scrive alcuni saggi brevi importantissimi, il cui argomento principale é il concetto di limite dinamico. Finalmente si delinea la triade modalitá-modi-limite dinamico che é un pó la struttura di tutto il suo pensiero. Sfortunatamente gli scritti di cui sopra verranno smarriti dal malvagio editore, a cui Bertelsen incautamente invia l'unica copia esistente. Le testimonianze che ci restano sono tratte da alcune carte che presumibilmente il nostro scrisse a mó di sunto per una serie di lezioni.

Bertelsen nell'ultima fase della sua vita si avvicina molto all'arte. Dal suo punto di vista ogni produzione artistica é l'affermazione della modalitá perché uccide il tempo. Diventa un assiduo frequentatore dei teatri e soprattutto dei cinema, di cui evidentemente ammira le capacitá di sintesi e di allucinazione ipnagogica. Presumibilmente in questo periodo il nostri si astrae cosí tanto dalla realtá che inizia a concepire la modalitá con tratti quasi religiosi, arrivando, sembrerebbe, a personificarla nella bella gitana.

Scompare a Palermo durante la stesura del suo capolavoro, l'incompiuto: Della modalitá morale. Una summa del suo pensiero in cui da un discorso ontologico si arriva a poco a poco ad un discorso morale e di prassi.

Il mistero che avvolge la sua scomparsa é pressocché inestricabile, gli ultimi testimoni dicevano di averlo visto la notte di capodanno del 1983 che camminava per la cittá distruggendo col suo bastone, tutti gli orologi che incontrava.

Al di lá dei facili manicheismi e delle prese di posizione deterministiche e stantie, Maurice Bertelsen resta uno dei filosofi piú misteriosi ed appassionanti di tutto il '900. Di lui e della sua opera restano solo frammenti e spezzoni, probabilmente quello che conosciamo del suo pensiero é solo la punta di un iceberg ma basta quel poco rimasto a farci intravedere la luciditá del genio, l'intransigenza dell'uomo, la coerenza del pensatore, l'inquietante parallelismo tra l'opera e la biografia.

mercoledì 9 aprile 2008

Un altro racconto su Repubblica.it

Oggi é stato pubblicato il mio ultimo racconto su Repubblica.it. Ancora una volta il protagonista é Ninni, immerso in una Palermo post-elettorale in cui le bande armate si spartiscono il territorio a suon di violenze.

http://palermo.repubblica.it/dettaglio-inviato?idarticolo=reppalermo_1376813&idmessaggio=325269

martedì 8 aprile 2008

lunedì 7 aprile 2008

"Insurrezione", il nuovo racconto su Repubblica.

Appena pubblicato sulla pagina panormita di Repubblica. Un ulteriore tassello della disperata recérche di Ninni, il drogato innammurato, che ha perduto la donna dai bellissimi capelli ramati conosciuta da tutti voi col nome Lena.
Leggetelo e votatelo:

http://palermo.repubblica.it/dettaglio-inviato?idarticolo=reppalermo_1376813&idmessaggio=315744

sabato 5 aprile 2008

Lost Someone, il video definitivo.

La veritá é dura, fa male, ma é giusto conoscerla, é un dovere morale, anzi modale. É cosí per la giovane protagonista di questo video, il cui candido, immacolato corpo é sacrificato alle muse del nero cantante soul. Perché l'impeto fulminante, la malinconia lieve, il tocco raffinato ed etereo delle coreografie si sposano indissolubilmente alla musica come in un abbraccio, un ultimo abbraccio verso qualcuno che si é perduto, per sempre.

venerdì 4 aprile 2008

Palermo is falling.

Torno a Palermo e non cambia niente. Le strade impolverate, gli stigghiolari avvolti nel profumato fumo bianco, gli sguardi duri ai semafori, gli occhi dei ragazzi che tradiscono una violenza genuina, sul punto di esplodere. Me ne scappai perché non potevo rimanere. Le mie unghie crescevano troppo velocemente, non appena le tagliavo ecco che stavano di nuovo lí, a guardarmi con quel sorriso di scherno. Me ne scappai perché non avevo nulla da fare e mi abbuttavo tutto il giorno. Ormai non uscivo nemmeno piú. Tanto sapevo cosa mi aspettava fuori. Me ne scappai perché a Palermo si ficca poco e male. Di sicuro le femmine passano tutto il giorno a masturbarsi, visto che poi non la danno a nessuno, o forse c'è un lesbismo nascosto, diffuso, segreto, inevitabile con cui si danno piacere tra loro. Deve essere cosí. Torno a Palermo e mi ritrovo a salutare persone che prima non salutavo. Mi guardano, che devo fare? E poi mi sento in pace, ormai la mia vita é fuori, lontano, che mi cambia salutare tre o quattro persone in piú o in meno? Parlo con una ragazzina coi capelli rossi. Puzza di vino e birra. Nessuno le ha insegnato a non mischiare? Mi mostra il suo capezzolo sinistro. TI PIACE? Chiede indicando l'anello di metallo che trapassa la pelle dell'areola. Io rispondo di sí. In realtá non mi piace, e trovo anche sconveniente che una fanciulla poco piú che adolescente stia a mostrare le sue minne in giro, ma non lo posso dire sarebbe poco cool. La mia vespa va male. Poverina, ma non voglio spenderci soldi per ripararla visto che tra poco riparto. Le strade e i negozi mi passano accanto piano piano ed ho il tempo di spiare dentro le vetrine, di vedere le facce annoiate dei commessi, i loro gesti di impazienza. Riparto tra pochissimo. Dormo male. Sto ricominciando ad annoiarmi. Mi guardo le dita e le unghie sono lunghissime, mefistofeliche. Le devo tagliare al piú presto. Il mare giá inghiotte l'airbus a-320, penso a quanto é buona la spigola cotta alla brace, solo a PAlermo ha quel sapore, solo a Palermo e in nessun altra parte del mondo.