venerdì 26 giugno 2009

Promesse da Premier

Mi bruciavano le scarpe, gli stivaletti Prada marró, i pantaloni tagliati su misura da uno dei miei sarti. Il calore scioglieva i peli dei mie polpacci mentre la gente gridava A MORTE! A MORTE! Non é bello, ragazzi, non lo é per niente. soprattutto dopo che uno si é fatto il mazzo, per migliorare Palermo, dico. Il mazzo, e chi me l'ha fatto fare? Palermitani ingrati! Tornando a prima. Sentivo le fiamme che quasi mi lambivano, che morte di merda, bruciato tra i rifiuti! Pensavo che era troppo palermitano morire in quella maniera... quando siete arrivati voi. Da dove siete sbucati? Mi é sembrato che usciste dai sacchetti della spazzatura. Non vi ho visto arrivare. Non vi ho visto arrivare. Il fumo giá mi circondava, l'odore era insopportabile. Io mi vomitai sopra la giacca di cotonella verde acqua e questo forse aiutó la combustione a rtardare di qualche prezioso minuto. Circondato dal fumo giá non mi potevano vedere da sotto la collina. Quindi siete arrivati voi. Piccoli ma ben organizzati. Siete riusciti a tagliare le corde che mi tenevano prigioniero, e suppongio che deve essere stato difficile, visto che erano pesanti e ben annodate al palo della luce. Io quasi non respiravo, l'odore mi stava soffocando ma mi sono sentito trasportare da invisibili manine. Non ci credevo. Non avrei mai pensato di salvarmi in quella situazione estrema. Ma vi assicuro che il premier non dimentica nessuno, state pur certi che verrete ricompensati. Anzi ditemi, cosé quello che volete da me? Non abbiate paura, qualsiasi cosa diciate io l'esaudiró, non per niente sono il Premier! Cosa? Volete una famiglia? Beh, come richiesta é strana, ma va bene. Io sono il premier, io vi troveró una famiglia! È una promessa.

martedì 23 giugno 2009

Ballaró blues.

A Ballaró puoi trovare di tutto e io avevo bisogno di un rene. Un tipo losco, presentatomi dal premier, mi aveva detto che poteva procurarmene uno. COME? chiesi un pó stupito. Quello non mi rispose, ma dallo sguardo capii che non avrei fare quella domanda. Mi disse di tornare tra 2 giorni, io risposi che doveva sbrigarsi: non ho tutto quel tempo. VA BENE, CI VEDIAMO DOMANI SERA. Io tornai a casa pieno di speranza e con un pó di schifo verso me stesso. FARÓ DEL MALE A QUALCUNO PER SALVARE ROSA, SONO UN BASTARDO. Ma una volta a casa mi resi subito conto che c'era qualcosa che non andava per il verso giusto. Briciola, la nostra Jack Russel, guaiva disperata e raschiava luscio con le sue unghiette appuntite. ROSA! Nella stanzetta, ormai da mesi adibita ad ambulatorio, il corpo di mia figlia giaceva scomposto e immobile, con le gambe divaricate a mostrare impudicamente le parti intime, decisamente senza vita. Quanto veloce sa essere il tempo, a volte a Palermo, che ti scorre davanti agli occhi e ti viene da chiederti, ma io non ero un bambino solo qualche giorno fa? Invece ero lí, con la mia giacca azzurra di cotonella, la casa in viale Magnolie e i pagliacci tristi di Romano Mussolini alle pareti, a piangere la fine scontata di mia figlia Rosa, appena ventenne, stroncata sicuramente da una delle innumerevoli infezioni renali acute di cui ha sofferto negli ultimi anni. Sono qui, davanti alla mia solitudine mentre Briciola mi lecca le lacrime quando mi rendo conto che a qualcuno stanno portando via un rene per colpa mia, in cambio di una jeep Cherokee rossa. Devo fare qualcosa, penso. Cerco di ricomporre il corpo di Rosa, il suo viso sembra sereno, poi mi assale un'altra volta il rimorso. Metto il guinzaglio a Briciola e corro a Ballaró. Magari posso ancora rimediare.

martedì 16 giugno 2009

RSU Rifiuti Solidi Urbani

Volevo fare del bene alla MIA cittá. Io l'ho sempre detto, ma Palermo é ingrata e adesso mi trovo qua su legato come un salame, con questa gente che mi grida contro. A MORTE! Ma perché? Un palo della luce sbuca dal cumulo altissimo di sacchetti dell'immondizia. Un cappio pende sinistro legato vicino allo slargo per la lampada. A MORTE! La gente urla. Io sono il premier. Non il Premier, quello che va scritto con la maiuscola, dio lo protegga e preservi. Io sono Giacomo Scafidi, il premier di Palermo. Sono venuti a prendermi, su, a San Martino, fin dentro il mio studio, quei bastardi. C'è stato uno scontro in giardino, durato alcune ore, si sono presi a mazzate, ma alla fine ce l'hanno fatta. Aldo mi ha dato una pistola, proprio mentre i ribelli entravano in casa e passavano per la sala turchina. CI PENSO IO A BRUCIARE TUTTO. Gli avevo detto che volevo essere cremato, per non lasciare a nessuno le mie spoglie mortali. Intanto i passi si avvicinavano. Dovevano avere passato la sala porpora, quella verde, l'arancione e la bianca. Anche Aldo aveva una pistola. I suoi occhi neri come il ghiaccio mi guardavano pieni di fierezza. I ribelli erano nella sala lilla quando il mio braccio destro e consigliere personale Aldo Gaetano Bellia si fece saltare le cervella. Io invece non ce la feci. GIACOMO SCAFIDI, ARRENDITI! Disse un ragazzetto. Non passó molto tempo e dopo un veloce viaggio in jeep eccomi qua. Tengo a precisare che se non fosse stato per il supporto del gruppo neo fascista di Franz Scalia, forse mi sarei potuto salvare. Furono loro a coordinare l'azione, forti degli incontri avvenuti nella mia villa. Ma non voglio piú pensarci. La folla mi circonda, per l’ultima volta e c’è un tanfo insopportabile, l'odore della monnezza, l'odore della cittá di Palermo, la MIA cittá.

mercoledì 10 giugno 2009

Benvenuti tra i rifiuti

I cumuli di immondizia sembrano delle montagne variopinte, frastagliate, morbide. Noi non viviamo coi nostri genitori. Non celi abbiamo piú i genitori. Qualcuno sí, ma é come se non li avesse. Siamo stati abbandonati, molti di noi sono fuggiti, come Nello, che non parla mai, ma parlano le sue cicatrici nella schiena. Giá. Si puó anche scappare dai genitori, se i genitori sono cattivi. A me mi mancano il papá e la mamma, ma ormai ho 9 anni, quasi 10, e so cavarmela da solo. Siamo scappati dall'istituto da qualche mese. Io sono rimasto con Iole perché é la mia ragazza, e si prende cura di me. Poi a poco a poco si sono uniti Nello e gli altri. Adesso siamo una ventina e sono sicuro che qualcun altro si aggiungerá a noi. C'è un bambino che ci spia da lontano, secondo me ha paura o é timido, ma finirá per venire. Sará la fame a farlo decidere, come per tutti. In branco é piú facile sopravvivere.
Dicevo. Noi campiamo rovistando tra i rifiuti, piú che altro. Riusciamo a raccogliere quanto basta per tirare avanti e a volte anche di piú. Ci sballiamo sniffando solventi o vernici. Non ci interessano i bei vestiti o la pulizia, siamo bambini e di queste cose ce ne freghiamo. Vogliamo restare liberi e fare quello che ci pare. L'immondizia é la nostra ricchezza.
Iole mi stringe la mano, mi aiuta a salire sulla cima della montagna. É piú grande di me e anche sviluppata, peró é la mia ragazza. GUARDA CHE HO TROVATO. Dice Nello. É strano perché é la prima volta che apre bocca da quando si é unito a noi. Ha in mano una palla di cuoio, bianca e rossa. Nuovissima. Io sniffo dal sacchetto di plastica che mi porto dietro, pieno di vernice argentata. ADESSO FACCIAMO LE SQUADRE. Il sole riscalda l'immondizia e il tanfo é insopportabile. Mi prudono i capelli.

Resuttana's blues

Se nasci in via Resuttana, passi l'infanzia in via Africa, ti innamori di una ragazza in via Danimarca e cerchi di andare bene a scuola per crearti un futuro e potere chiedere la sua mano per te San Lorenzo é tutto. Per questo motivo rimasi frastornato quando mi dissero che avevo 48 ore per fare le valigie e sloggiare da casa mia. Non pensavo tanto a me stesso, quanto ad Arianna, che non avrei piú potuto rivedere: non si puó dire che stessimo inseme, né che mi amasse. Diciamo che sono un timido e quindi i passi per avvicinarmi a lei sono stati lunghi e diluiti nell'arco di 10 anni. Adesso peró era venuto il momento di invitarla a mangiare una pizza. Ero riuscito a comprarmi una macchina, avevo anche un lavoro come aiuto biciclettaro da Canattella, insomma me la passavo bene e gli esami alla scuola serale pensavo che li avrei superati senza troppe difficoltá. Ma ecco che questi motociclisti vestiti di nero minacciano che ho 48 ore per fare le valigie e sloggiare da casa mia. E mia nonna? Che ne sará di lei che é praticamente cieca? No, non va bene. A questo punto chiesi al mio capo, il famoso ciclista Toti Canattella, un consiglio. Lui mi guardó fisso negli occhi continuando ad oliare un cambio Shimano. PARLANE CON LO ZIO PIPPO. Andai a casa dello zio Pippo, era un ex presentatore televisivo dalle doti medianiche che si guadagnava da vivere leggendo i tarocchi e facendo oroscopi alle signore del quartiere. Mi guardó fisso negli occhi continuando a mangiare semi di zucca. FUTTITINNE. Mi consiglió. Io tornai a casa, pulii la nonna e mi misi a dormire. L'indomani il mio capo mi chiese se avevo sentito la notizia. Io dissi di no. U SAI I MOTOCICLISTI?. Il premier li aveva fatti sparire e nessuno seppe mai il motivo. Adesso mi tocca andare da Arianna. Me la faccio sotto.

Guadagna's blues

Ero il migliore stigghiolaro di Palermo e quindi del mondo. Il mio segreto? Non avevo segreti a parte quello di comprare io stesso la carne, scegliendo le stecche una per una, scartando quelle che mi sembravano troppo grasse o sporche. Arrotolavo il budello con forza, in modo che poi si cucinasse uniformemente. Salavo leggermente e lavavo in un bagno di acqua e aceto. Poi cucinavo sul momento: non sono a favore della barbarie della stigghiola prearrostita e poi solo scaldata alla brace, va bene, si risparmia tempo, ma il gusto ne risente parecchio. Avevo una baracchetta fatta di lamiere annerite dalle parti della Guadagna. La gente mi conosceva bene e mi conoscevano anche i cani randagi del quartiere, che dovevo prendere a calci per scacciarli. L'odore bianco delle stigghiola annebbiava la strada, attirando schiere di palermitani affamati, pronti, tra una stecca e un bicchiere di vino, a lamentarsi di qualcosa o sparlare qualcuno: due tra gli sport piú praticati nel capoluogo. Ora le cose sono cambiate. Trovare la materia prima é molto difficile e poi mi é capitato di essere assaltato da gente impazzita per la fame. La peggiore fu una coppia di svitati: col camice bianco lei e un uncino lui. Mi hanno scarventato per terra. Ho cercato di difendermi col mio coltello, ma il tipo con l'uncino era agile e mi sfiló l'arma con un colpo di moncherino (quello dell'altra mano) al basso ventre. Io sono grasso, il cuore ha cominciato a parlpitarmi. Mi mancava l'aria. Il cielo si fece nero come la carbonella. Quando mi risvegliai mi avevano derubato di tutto, anche il coltello si erano presi e i piatti di plastica arancioni. Cosí smisi con le stigghiole. Adesso ho un sacco di tempo libero. Ma qualcosa mi manca, Mi sento senza molte prospettive, come una stigghiola arrotolata male.

Bonagia's blues

Uno dei quartieri di Palermo che mi ha sempre affascinato, Bonagia. Le strade larghe, i cassonetti verdi, la campagna che non si vuole arrendere recintata, i bambini grigi come l'asfalto, i palazzi minacciosi e squallidi, le casupole - ma sono ormai poche - a due piani, che fanno angolo, le montagne dietro, la circonvallazione vicino. Bonagia é un timido paradiso migliorabile. Mi dispiace abbandonare quei posti, quelle strade, quei ricordi, ma dopo che Lucio si é arruolato non c'è rimasto un uomo vero, a casa, e mia sorella e la nonna si spaventano degli sciacalli. Hanno deciso, dopo che la zia Clara ha risposto ad una nostra lettera recapitatagli da un camionista particolarmente irsuto, di smontare tutto e trasferirci in campagna, almeno finché la situazione non si calma un po'. Io ormai sono l'uomo di casa, anche se ho solo 11 anni. Ma sento addosso il carico pesante della responsabilitá. Aiuto a caricare la nuova 500 e dó un'ultima occhiata, la macchina dentro l'autostrada allontanandosi, al quartiere Bonagia, alle sue guglie, ai rosoni, agli archi rampanti e ai capitelli, alle strombature e ai loggiati; ormai lontani, mettiamo un cd taroccato di Venditti. La giornata é fresca. Teniamo i finestrini chiusi. Qualcuno sgancia una puzza. Lo giuro che non sono io! Mia nonna e mia sorella non ci credono, cerco una maniera convincente di discolparmi, proprio un attimo prima che ci fermino al posto di blocco. Sono pochi, in realtá. Ed uno sta addirittura sulla sedia a rotelle. DATECI IL MEZZO. Ci intima il tipo con la collanina a forma di svastica. Mia madre preme l'accelleratore a tavoletta e sfreccia attraverso quel gruppetto di sfasciallitti. Il tizio sulla sedia a rotelle perde l'appiglio e casca per terra. Ridiamo, ma l'odore della scoreggia é ancora tra noi.

martedì 9 giugno 2009

Matapolio come Nostradamus


Non so se avete tirato le somme, in ogni caso, basta andare un pó a ritroso nel blog, spulciando i miei raccontini per assistere allo scandalo del premier PRIMA che questo scandalo effettivamente fosse stato svelato dai giornali (Repubblica e El Pais in primis).


Giá avevo parlato dell'harem del premier*, delle sua donne, di come le comprasse e usasse a suo piacimento. Tutto questo si é rivelato vero, e come spesso succede la realtá supera l'immaginazione.


Lo scandalo di Villa Certosa é quanto di piú letterario sia successo ad un presidente del consiglio sin dai tempi della prima repubblica (secondo solo al "bacio" di Giuliano Andreotti), e questo é soprattutto merito mio.


Sono convinto, infatti, leggendo i dati del blog, che i dirigenti di mediaset, i pubblicisti di berlusconi, leggano costantemente i miei scritti. Dopo averli letti li confrontano con la realtá di tutti i giorni e ne traggono le loro considerazioni. il loro piano é rendere la vita sempre piú simile ai miei racconti. Se mi pagassero per questo sarei giá ricco. Pagatemi, su!


Scusate se non ho aggiornato il blog da tempo. La colpa é stata mia, del clima politico, del mio ultimo viaggio, della crisi e delle mie dipendenze.


Mia uguro di potere scrivere tante nuove storie al piú presto ed allietare le vostre grigie vite, ancora per un pó.


Saluti profetici.


M.


*La parola "premier" é insulsa, la odio, in quanto invenzione berlusconiana. Usatela il meno possibile, ve ne prego. molto meglio "presidente del consiglio".