mercoledì 10 giugno 2009

Bonagia's blues

Uno dei quartieri di Palermo che mi ha sempre affascinato, Bonagia. Le strade larghe, i cassonetti verdi, la campagna che non si vuole arrendere recintata, i bambini grigi come l'asfalto, i palazzi minacciosi e squallidi, le casupole - ma sono ormai poche - a due piani, che fanno angolo, le montagne dietro, la circonvallazione vicino. Bonagia é un timido paradiso migliorabile. Mi dispiace abbandonare quei posti, quelle strade, quei ricordi, ma dopo che Lucio si é arruolato non c'è rimasto un uomo vero, a casa, e mia sorella e la nonna si spaventano degli sciacalli. Hanno deciso, dopo che la zia Clara ha risposto ad una nostra lettera recapitatagli da un camionista particolarmente irsuto, di smontare tutto e trasferirci in campagna, almeno finché la situazione non si calma un po'. Io ormai sono l'uomo di casa, anche se ho solo 11 anni. Ma sento addosso il carico pesante della responsabilitá. Aiuto a caricare la nuova 500 e dó un'ultima occhiata, la macchina dentro l'autostrada allontanandosi, al quartiere Bonagia, alle sue guglie, ai rosoni, agli archi rampanti e ai capitelli, alle strombature e ai loggiati; ormai lontani, mettiamo un cd taroccato di Venditti. La giornata é fresca. Teniamo i finestrini chiusi. Qualcuno sgancia una puzza. Lo giuro che non sono io! Mia nonna e mia sorella non ci credono, cerco una maniera convincente di discolparmi, proprio un attimo prima che ci fermino al posto di blocco. Sono pochi, in realtá. Ed uno sta addirittura sulla sedia a rotelle. DATECI IL MEZZO. Ci intima il tipo con la collanina a forma di svastica. Mia madre preme l'accelleratore a tavoletta e sfreccia attraverso quel gruppetto di sfasciallitti. Il tizio sulla sedia a rotelle perde l'appiglio e casca per terra. Ridiamo, ma l'odore della scoreggia é ancora tra noi.

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