martedì 3 giugno 2008

Insurrezione: giorno 6.

PAPÁ HO FAME. Disse Ino. E MI FA MALE TUTTO QUI. Indicava la schiena. NON POSSO FARCI NIENTE, NON ADESSO, MI DISPIACE. Guardava dalla finestra quella povera suora e non poteva farci niente. La inseguivano brandendo zappe e martelli, uno forse aveva anche un'ascia ma non si riusciva a distinguere. DOBBIAMO FARE QUALCOSA, PAPÁ! Aveva ragione Ino, ma cosa avrei potuto fare? Da solo contro quei pazzi? LIBIRTÁ O MURTI! Gridavano all'unisono. La monaca correva incespicando. Lasció cadere i sacchetti di plastica per muoversi piú velocemente. L'asfalto di tinse del giallo dei maltagliati di semola di grano duro. LIBIRTÁ O MURTI! Ma loro erano piú veloci, e non perché piú giovani. Non solo, almeno. Era la sete di sangue, la rabbia cieca, il brivido della violenza di gruppo che li spronava a correre sempre di piú. La suora arrivó al portone del convento. Sembrava calma quando premeva il bottone di plastica del citofono. Calma o rassegnata. Lena stava accoviacciata stringendo le gambe e poggiando il mento nell'incavo delle ginocchia, come una bambina sola, e i suoi capelli si accendevano di riflessi dorati accarezzati dai raggi freddi del sole. Passarono degli istanti lunghissimi. Clac! Sentii il rumore del portone che veniva aperto da dentro. La monaca ebbe un attimo di titubanza, poi si piegó verso terra per raccogliere i sacchetti di plastica. NO! Il primo ad avventarsi contro di lei fu un ragazzo dalla pelle scurissima. La afferró per il cappuccio e la fece piegare su se stessa dandole una ginocchiata sulla schiena. Poi gli altri le furono addosso. Dopo poco le armi improvvisate brillavano screziate di sangue. Ino correva da una parte all'altra della stanza girdando. Forse avrei dovuto dire qualcosa ma non mi venne niente. Preparai le siringhe.

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