mercoledì 20 febbraio 2008

Nata sotto il segno dei pesci.

Antonio correva veloce sotto il calore indicibile del luglio panormita. Dietro di lui un vecchio allampanato tossiva ruggiti mefistofelici sperando in un miracolo che gli facesse raggiungere il giovinetto. Ma Antonio correva ed era ben allenato. Si allenava a correre al foro italico, ma ci andava a notte fonda, cosí, tra una corsa e l'altra rimediava anche una fugace sveltina con la nigeriana di turno. Era un doppio allenamento in effetti. Finalmente il vecchio si fermó stremato. Ormai Antonio era ben distante e lo guadava da lontano con paura e orgoglio. Te l'ho fatta! Pensava tra sé. E tornava con la mente al corpo di Giusy a quei lineamenti vagamente orientali, al suo volto sempre sorridente, sempre allegro. In piazza Kalsa si fermó al chioschetto ed ordinó una Moretti. La bevve ghiacciata, che quasi gli pigliava la sincope. E si scoprí allegro, il nostro eroe, perché quel giorno doveva anche riscuotere la sua pensione di invaliditá. Pagó una seconda Moretti e si diresse pian pianino verso via Brunetto Latini, all'ufficio delle poste. Camminando ricordava il soffice corpo di Giusy e i versi che faceva piano piano con la bocca mentre alla radio cantavano "nata sotto il segno dei pesci". Era stato bello farlo con lei. La volta piú bella di tutte. Meglio che con le nigeriane. Appena entrato in Corso Vittorio sentí una macchina frenare di colpo. Dalla Y10 uscí il vecchio con una ragazza che assomigliava maledettamente a Giusy. Deve essere la sorella. Pensó Antonio dandosela a gambe. Poi sentí un botto assordante, solo quando fu per terra e vide tutto quel succo di amarena capí che gli avevano sparato alla schiena. Accussí s'insigna stu sdisonorato. Povera Giusy! Pensó Antonio, e dire che non mi importava che fosse mongoloide. Poi aprí la bocca e morí.

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