mercoledì 11 marzo 2009

Fosforo.

A Bagheria. Entrammo nella fabbrica Chemilplas che era notte. Franz aveva la formula e uno sguardo allafannato. Non eravamo poi molti, forse 15, ma ben addestrati. Coi nostri anfibi e le cinture comprate di sgarrubbo in via Lattarini.
AI VOSTRI POSTI! NON C'É MOLTO TEMPO.
Salii su una rampa che dava su un container pieno di fosforo bianco.
Qualcuno armeggiava coi gas, un ragazzetto figlio di un noto politico aveva preso fuoco accidentalmente e correva nell'atrio della Chemilplas come una lucciola anfetaminica.
L'ABBIAMO PERSO.
Mi sussurra Cris cercando di aprire un portello a tenuta stagna.
Intanto Franz si aggirava come un direttore d'orchestra, muovendosi un pó qua e un pó lá, dando ordini, incoraggiando i camerati, rimproverando taluno, esortando talaltro.
Finalmente arrivó Masao, il cervellone, col suo pc portatile modificato che sembrava un carrarmato, montanto com' era su una barella rubata da chissá quale stanza d'ospedale. Si connesse alla rete, riuscí persino a fare accendere i compressori sfruttando un generatore d'emergenza.
Io svuotai il serbatoio per metá, e mi sentii fiero quando Franz mi accarezzó sulla testa rasata.
IL DETONATORE É OK.
Esclamó Masao a un certo punto. Con un moto Ape due camerati trasportarono fuori l'enorme ordigno chimico che avevamo assemblato in tempo di record.
SOLO 3 ORE E 20 MINUTI.
Si complimentava Franz il giorno dopo, nel pomeriggio, quando dal cielo inizió la pioggia di pulviscolo bianco. Bevevamo birra alla sede mentre la gente attorno a noi urlava per le ustioni chimiche.
QUESTO É SOLO L'INIZIO, CAZZO.
Sentenziava Franz ormai un pó brillo. Masao si strofinava le mani mentre Cris gli preparava lo sciroppo di metadone.
Io guardavo quella strana neve bianca che scendeva dal cielo e mi sentivo figo. Proprio figo.

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